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Upcycling: la moda eco-responsabile

«Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma»

Antoine-Laurent Lavoisier

Il principio di conservazione della massa, secondo cui nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma è una delle leggi di Lavoisier, applicabile ben al di là delle reazioni chimiche difatti può essere una “formula vincente” per il settore moda attraverso il processo di Upcycling.

Il termine upcycling o surcyclage in francese si riferisce all’azione di recupero di tessuti o indumenti già esistenti , che non vengono più utilizzati. L’idea è di valorizzarli , realizzando abiti di qualità o utilità superiore rispetto al loro stato originale.

Questa tecnica risulta essere vantaggiosa in campo ambientale perché permette di evitare gli sprechi e salvare vestiti che altrimenti sarebbero stati gettati.

L’impatto di così tanti rifiuti rappresenta una minaccia non solo per per il futuro dell’ambiente, ma anche per la nostra salute. Tra le attività economiche che incidono maggiormente sulla sostenibilità ambientale, l’industria tessile è ai primi posti, secondo i media Business of Fashion, una donna acquista in media 30 kg di tessuti all’anno e meno di un quarto viene riciclato. Si contano infatti 160.000 tonnellate di abbigliamento riciclato per circa 700.000 tonnellate di acquisti. L’equivalente di 442 milioni di euro di vestiti vengono quindi buttati ogni anno. Tutto questo modo di consumare e sprecare genera inquinamento di acqua e aria con gas serra e mette in pericolo la salute delle persone che producono in condizioni sempre più precarie.

Upcycling nel settore moda viene spesso tradotto come riciclo o riuso, ma queste parole non sono una traduzione del tutto corretta. È importante infatti fare la distinzione tra upcycling e riciclo.

Si parla di riciclo quando un prodotto dopo essere stato utilizzato viene sottoposto ad un nuovo processo di lavorazione che permette di separarne le materie prime che lo compongono e poi di riutilizzarle per creare nuovi prodotti. Nel caso specifico dei vestiti, se e quando è possibile riciclarli, vengono scomposti ed i filamenti di tessuto vengono lavorati nuovamente per poi andare a creare nuovi capi di abbigliamento. Ma riciclare non è così semplice come può sembrare, nel settore moda, la Ellen Macarthur Foundation ha stimato che l’1% dei vestiti viene riciclato, quindi quasi niente, riciclare i vestiti non è davvero un’opzione su cui si può contare nel caso della moda.

Punto a favore dell’upcycling è costituito dai vantaggi a livello ambientale che ne derivano, poiché non vengono prodotti vestiti ma viene incentivato il riuso di quelli che sono già nei nostri armadi o nei cosiddetti deadstock dei magazzini dei negozi, ovvero l’enorme quantità che rimane invenduta ogni anno. Questo metodo stimola la creatività e permette di avere pezzi unici o in serie limitata, infatti, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l’upcycling è un “vincolo” per il designerÈ impossibile per lui anticipare la quantità, il colore e la natura del tessuto con cui potrà comporre ma ciò da la garanzia di avere un capo unico al mondo, originale e che porta storia.

Recycling, I call it down-cycling. They smash bricks, they smash everything. What we need is up-cycling, where old products are given more value, not less”. 

Il riciclo io lo chiamo down-cycling. Quello che ci serve è l’up-cycling, grazie al quale ai vecchi prodotti viene dato un valore maggiore, e non minore”.

Reiner Pilz

Uno dei Pionieri dell’upcycling è stato Martin Margiela , stilista belga e fondatore della maison francese Maison Margiela, il quale riutilizzava vestiti trovati nei mercatini delle pulci, calze dell’esercito e imballaggi di plastica, per le sue creazioni insolite e ricche di poesia.

Collezione Primavera/Estate Martin Margiela, 1989

Negli ultimi anni anche le grandi maison del lusso stanno finalmente scegliendo di realizzare capi nuovi con vecchi tessuti, brand come Marni (che ha realizzato capi outdoor patchwork da vecchi indumenti), Balenciaga (con la sua l’eco-pelliccia fatta con i lacci di scarpe), Miu che ha lanciato una capsule, “Upcycled“, esclusiva di 80 pezzi unici composta da abiti d’epoca accuratamente scelti in negozi e mercati vintage di tutto il mondo e rimessi a modello.

UPCYCLED MIU MIU

Attraverso la pratica dell’upcycling rompiamo i dettami della moda, stravolgiamo il significato semantico dei capi, ci liberiamo dalle imposizioni degli stilisti. La moda è una Dea creatrice, capace con la sua onnipotenza di creare un senso di potenza illimitata in chi la segue

“La moda conferisce al nulla un potere semantico che si irradia a distanza, fino a significare tutto, fino a trasformare il fuori-senso in senso, il fuori-moda in moda”. Umberto Galimberti

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